NOTIFICA A IMPUTATO DETENUTO SEMPRE CON CONSEGNA ALLA PERSONA
Cassazione penale, sentenza n. 12778/2020: la notifica all'imputato detenuto eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto dà luogo ad una nullità a regime intermedio.
di Anna Larussa - Avvocato penalista del Foro di Reggio Calabria
Le notificazioni all'imputato detenuto, anche nel caso in cui abbia eletto o dichiarato domicilio, devono sempre essere eseguite nel luogo di detenzione, con le modalità di cui all'art. 156, comma 1, cod. proc. pen., mediante consegna di copia alla persona;
La notifica all'imputato detenuto eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto dà luogo ad una nullità a regime intermedio, soggetta alla sanatoria prevista dall'art. 184 cod. proc. pen.
Sono questi i principi di diritto enunciati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione a risoluzione della questione sottoposta dalla Terza Sezione ovvero "se la notifica del decreto di giudizio immediato all'imputato detenuto che abbia eletto domicilio presso il difensore di fiducia debba essere effettuata ex art. 156 c.p.p., comma 1, o presso il domicilio eletto".
Cos'era successo nel giudizio di merito?
Il ricorrente era stato condannato, con sentenza confermata in appello,per i reati di violenza sessuale continuata, commessi in danno di due minorenni.
Con il ricorso per cassazione aveva eccepito, fra gli altri motivi e per quel che maggiormente interessa ai fini della questione di cui sopra, la nullità della sentenza, per violazione dell'art. 156 c.p.p., comma 1 e art. 179 c.p.p., comma 1, sotto un triplice profilo:
- perchè, all'atto della notifica del decreto di giudizio immediato, il difensore domiciliatario, di cui neppure era certa l'identificazione, aveva rinunciato alla notificazione oltre che per sé, anche per l'imputato, nonostante non ne avesse alcun potere in mancanza di una procura speciale;
- perché la notificazione era stata effettuata al difensore domiciliatario, sebbene l'imputato, al momento della stessa, fosse detenuto in carcere per i fatti oggetto di procedimento;
- perché, comunque, la notificazione era stata erroneamente effettuata al difensore domiciliatario, mentre avrebbe dovuto essere eseguita presso il domicilio che l'imputato, al momento dell'ingresso in carcere, aveva dichiarato.
Le suddette irregolarità integravano, ad avviso della difesa, un'ipotesi di totale omissione della notificazione all'imputato, con conseguente nullità assoluta ed insanabile, eccepibile e rilevabile in ogni stato e grado del giudizio.
La Terza Sezione Penale, assegnataria del ricorso, lo rimetteva alle Sezioni Unite, ravvisando un contrasto giurisprudenziale, avente ad oggetto la questione sollevata con il suddetto motivo di ricorso (il secondo di quelli enunciati in ricorso), e cioè se fosse o meno valida la notifica eseguita all'imputato detenuto presso il domicilio eletto e non secondo le modalità di cui all'art. 156 c.p.p..
Il contrasto giurisprudenziale
Secondo una parte della giurisprudenza, anche durante lo stato di detenzione, le notifiche sarebbero legittimamente eseguite presso il domicilio che l'imputato detenuto abbia eletto o dichiarato, prima o nelle more della detenzione. Ciò, in quanto, ad avviso di questa giurisprudenza, l'art. 156 c.p.p. non è una disposizione speciale rispetto a quella prevista in via generale per le notificazioni, e poiché l'unica incompatibilità dettata è quella prevista dall'art. 156 u.c. (secondo cui in nessun caso le notificazioni all'imputato detenuto o internato possono essere eseguite con le forme dell'art. 159 c.p.p., in quanto la dichiarazione di irreperibilità presuppone il risultato negativo della ricerca anche presso l'amministrazione carceraria) l'imputato detenuto potrebbe avvalersi della possibilità di dichiarare o eleggere domicilio a norma dell'art. 161 c.p.p., comma 1 (cfr.. fra le tante, Cass. Pen., Sez. II, n. 47379 del 30/10/2003, Piazza, Rv. 227648).
Un diverso indirizzo giurisprudenziale, invece, ritiene che le notifiche all'imputato detenuto (in carcere o in un luogo diverso), anche per causa diversa da quella del procedimento per il quale deve eseguirsi la notificazione, debbano sempre essere eseguite con le modalità previste dall'art. 156 c.p.p. (cfr., frable tante, Cass. II, Sez. II, n. 2356 del 13/01/2005, Simioni, Rv. 230698).
È questo secondo orientamento quello seguito dalla Sezione rimettente, la quale ha concluso che la notifica, nel caso in esame, dovrebbe ritenersi omessa; ciò, sia per l'applicabilità dell'art. 161 c.p.p., solo all'imputato o indagato libero, sia perché dalla notifica del decreto di giudizio immediato decorrono i termini per la proposizione della richiesta dei riti alternativi e solo dopo il decorso di tali termini, può procedersi alla formazione del fascicolo per il dibattimento e alla sua trasmissione per la prosecuzione del giudizio.
La sentenza
La Corte di cassazione, avendo riguardo al dato testuale della normativa di riferimento e alle ragioni giustificative di cui si dirà a breve, ha statuito che, durante la detenzione, l'unico modello notificatorio previsto sia quello della consegna "alla persona".
Premessa la distinzione tra la notifica in mani proprie del destinatario (artt. 148, 156, 157 e 158 c.p.p.), che è la modalità privilegiata perché è la forma più sicura per portare l'atto a conoscenza del destinatario, e la notifica presso un luogo indicato dallo stesso imputato (art. 157 c.p.p., comma 1 ), o determinato ex lege (art. 159 c.p.p., art. 161 c.p.p., commi 2 e 4, artt. 165 e 166 c.p.p., art. 169 c.p.p., comma 1, art. 613 c.p.p. e art. 677 c.p.p., comma 2-bis), che, invece assolvono, ad esigenze di collaborazione e celerità provcedimentale, la Corte ha affermato che l'art. 156 c.p.p. prevede tre ipotesi di detenzione (in carcere; in un luogo diverso dagli istituti penitenziari; per causa diversa dal procedimento per il quale deve eseguirsi la notificazione), tutte unite, quanto alle modalità di notificazione, da un unico comune denominatore costituito dalla notifica "alla persona", con esclusione, quindi, durante lo stato di detenzione, di notifiche effettuate con modalità diverse.
Questa interpretazione troverebbe conferma, per i Supremi Giudici, anzitutto, nell'art. 156 c.p.p., comma 3, il quale dispone che, ove l'imputato sia detenuto in un luogo diverso dagli istituti penitenziari, le notifiche vadano ivi eseguite "a norma dell'art. 157 c.p.p." e, quindi, in primis, "mediante consegna di copia alla persona" e, solo ove non sia possibile (ad es. perché l'imputato è, legittimamente, assente) mediante consegna "a una persona che conviva anche temporaneamente o, in mancanza, al portiere o a chi ne fa le veci", vale a dire, con una forma sostitutiva della consegna "alla persona" che garantisca, per la qualità delle persone e degli stretti rapporti che hanno con il detenuto, la consegna della notifica.
In secondo luogo, la suddetta interpretazione troverebbe conferma nell'art.. 156 c.p.p., comma 4, a norma del quale la consegna di copia delle notificazioni va eseguita alla persona nel luogo di detenzione (istituto penitenziario o luogo diverso di detenzione) "quando dagli atti risulta che l'imputato è detenuto per causa diversa dal procedimento per il quale deve eseguirsi la notificazione o è internato in un istituto penitenziario": in questo caso, l'unica differenza, rispetto all'imputato detenuto per il procedimento per il quale deve eseguirsi la notificazione, è costituita dalla circostanza che la detenzione deve risultare dagli atti, mentre l'autorità giudiziaria che procede nei confronti di un imputato detenuto, non può non conoscere il suo status ed ha l'obbligo di notifica personale.
Un ulteriore riscontro alle conclusioni raggiunte si rinverrebbe, ad avviso delle Sezioni Unite, nell'art. 164 c.p.p. a norma del quale la dichiarazione (o elezione) di domicilio effettuata anteriormente alla detenzione, non ha effetto nel caso in cui l'imputato o indagato sia detenuto, proprio perché, com'è espressamente previsto, le notificazioni devono essere eseguite con la procedura di cui all'art. 156 c.p.p..
Un quarto argomento a sostegno della tesi si desumerebbe dall'art. 161 c.p.p., il quale stabilisce, come condizione perché l'imputato possa eleggere o dichiarare il domicilio, che lo stesso non sia "detenuto nè internato", con ciò lasciando intendere, a contrario, che le notifiche all'imputato detenuto o internato vadano eseguite secondo il procedimento notificatorio previsto e disciplinato espressamente, ex art. 156 c.p.p., per l'imputato detenuto.
Infine l'interpretazione della Suprema Corte sarebbe rafforzata, a livello sistematico, dalla novella del processo in absentia (L. 28 aprile 2014 n. 67) con la quale il Legislatore, adeguandosi alle reiterate censure della Corte Europea e passando, quindi, dal principio di conoscenza legale a quello sostanziale, ha stabilito la regola secondo cui si può procedere in assenza dell'imputato solo ove "risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento (...)" (art. 420-bis c.p.p., comma 2).
Sul versante teleologico, la ragione della scelta sarebbe da ravvisare, intanto, nella constatazione che la consegna della notificazione alla persona sia da privilegiare perché, essendo certa la reperibilità del detenuto, la notificazione è sicuramente agevole; in secondo luogo, con la necessità di portare personalmente a conoscenza del detenuto gli atti processuali, al fine di consentirgli di esercitare la facoltà di una consapevole difesa, tanto più necessaria stante il grave status derivante dalla detenzione.
Alla stregua di tali argomentazioni la Corte ha, pertanto, affermato che la notifica del decreto di citazione a giudizio all'imputato detenuto, dev'essere, sempre, eseguita secondo il modello notificatorio di cui all'art. 156 c.p.p., anche nel caso in cui l'imputato abbia eletto o dichiarato domicilio.
Ed invero sull'elezione/dichiarazione di domicilio, effettuata prima o durante la detenzione, la Corte ha precisato che la stessa debba ritenersi sospesa per tutta la durata della detenzione, come desumibile dal combinato disposto degli artt. 156 e 164 c.p.p.: quest'ultimo articolo, infatti, prevede la validità delladeterminazione del domicilio dichiarato o eletto, per ogni stato e grado del procedimento, salvo che nei casi di cui agli articoli art. 613 c.p., comma 2 (il quale prevede, nel procedimento davanti alla Corte di cassazione, la sostituzione ex lege del domicilio indicato dalle parti con quello presso i rispettivi difensori cassazionisti) e 156 c.p.p., il quale per l'appunto stabilisce un'ulteriore ipotesi di domicilio ex lege, rappresentata dal luogo di detenzione, senza tuttavia prevedere alcuna sanzione per l'eventuale elezione o dichiarazione di domicilio, con la conseguenza che, una volta cessata la detenzione, riacquista vigore la regola generale dell' efficacia, per ogni stato e grado del procedimento, della determinazione del domicilio dichiarato o eletto.
In altre parole, ove vi sia un'elezione o dichiarazione di domicilio, si configurano, per il detenuto, due potenziali modelli notificatori: quello legale, previsto dall'art. 156 c.p.p., e quello derivante dalla stessa volontà della parte, previsto dall'art. 161 c.p.p., comma 4; fra i due modelli notificatori, prevale quello legale, proprio perché quello volontario rimane sospeso, tuttavia, ove la notifica sia erroneamente eseguita presso il domicilio eletto o dichiarato non si configura, secondo le Sezioni Unite, una inesistenza della notifica (come sostiene la Sezione rimettente), bensì una notifica con modalità diversa e, quindi, un'ipotesi di nullità a regime intermedio rilevabile nel termine di cui all'art. 180 c.p.p., ove non sanata, a norma dell'art. 184 c.p.p., comma 1 quando la parte compaia o rinunci a comparire (come avvenuto nel caso sottoposto all'esame della Corte in cui la nullità verificatasi fu sanata dal comportamento concludente dell'imputato e del suo difensore di fiducia i quali, alla prima udienza, nonostante fossero entrambi presenti, nulla eccepirono, partecipando regolarmente alle successive udienze, all'ultima delle quali fu sollevata, dai nuovi difensori, l'eccezione di nullità).
La Corte di cassazione ha inoltre argomentato rispetto agli ulteriori ostacoli ravvisati dalla Sezione rimettente alla sanatoria della nullità e cioè che a) l'imputato sarebbe stato privato della possibilità di chiedere il giudizio abbreviato; b) la formazione del fascicolo per il dibattimento avrebbe dovuto essere effettuata solo dopo il decorso dei termini per la notificazione del decreto di giudizio immediato.
Secondo il Collegio la prima osservazione non considera che, ove fosse stata eccepita la nullità, l'imputato avrebbe avuto diritto ad un termine non inferiore a trenta giorni, ex art. 456 c.p.p., comma 3, durante il quale avrebbe potuto esercitare tutti i propri diritti compreso quello di chiedere i riti alternativi; la seconda non considera che non potrebbe essere consentita la regressione del procedimento per effettuare la stessa incombenza già effettuata nel regolare contraddittorio delle parti che, in quella sede, nulla eccepirono.
Sulla scorta di tali motivazioni, la Corte ha, pertanto, affermato, sulla rimessa questione, i seguenti principi di diritto:
"Le notifiche all'imputato detenuto, anche qualora abbia dichiarato o eletto domicilio, vanno eseguite nel luogo di detenzione, con le modalità di cui all'art. 156 c.p.p., comma 1, mediante consegna di copia alla persona"
"La notifica al detenuto eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto dà luogo ad una nullità a regime intermedio, soggetta alla sanatoria prevista dall'art. 184 c.p.p.".
Fonte: Altalex