COVID, I VERTICI DELLE PRIGIONI CANCELLANO LA CIRCOLARE DELLE SCARCERAZIONI
Il capo Petralia e il vice Tartaglia annullano il testo che ha portato ai domiciliari 220 mafiosi. Oggi, dicono, non ci sono più le condizioni per tenerla in vigore, il rischio Covid è più lontano
La circolare dello scandalo scarcerazioni - quella del 21 marzo, firmata "per caso" da una funzionaria di turno quel sabato mattina - va in soffitta. A mandarcela è il nuovo vertice del Dipartimento delle carceri, il capo Dino Petralia e il vice Roberto Tartaglia, entrambi nominati dal Guardasigilli Bonafede tra il primo e il 4 maggio proprio a ridosso dell'affaire scarcerazioni. Giusto ieri, a palazzo san Macuto sede della commissione parlamentare Antimafia, era stato ascoltato, e lo sarà di nuovo stasera alle 20, l'ex direttore dei detenuti del Dap Giulio Romano, il "padre" della circolare.
Condividi Ma cosa prevedeva quel foglio che ripubblichiamo qui sopra? Una sola pagina, inviata ai provveditori e direttori dei penitenziari italiani per raccomandare di segnalare "con solerzia" ai magistrati di sorveglianza la presenza di detenuti con patologie - da quelle all'apparato respiratorio, al diabete Melitto, alle cardiopatie, all'insufficienza renale cronica, alle neoplasie, all'Hiv - ma anche quelli "di età superiore ai 70 anni". Alle toghe "per quanto di competenza" sarebbe poi spettato decidere sull'eventuale collocazione fuori dal carcere. Tant'è che Romano, in tutta la sua audizione, insiste sul fatto che nessuna scarcerazione è partita dal Dap.
Come sappiamo, tra il 21 marzo e la fine di aprile, sono stati scarcerati dai magistrati di sorveglianza quasi 500 detenuti, di cui 220 (secondo le cifre fornite da Romano), tra 41bis, Alta e bassa sicurezza. Tra questi nomi famosi del gotha criminale, come Pasquale Zagaria, Vincenzino Iannazzo, Francesco Bonura, Cataldo Franco, Pino Sansone. Chiedono di uscire anche Raffaele Cutolo e Nitto Santapaola, ma la richiesta è respinta. Bonafede, per frenare le scarcerazioni, è costretto a emettere due decreti leggi - che giusto oggi vengono approvati al Senato con la fiducia prima di passare alla Carnera per l'ultima lettura - in cui ai magistrati di sorveglianza si fa obbligo di sentire, prima di qualsiasi scarcerazione, non solo la procura nazionale antimafia e le singole procure distrettuali, ma di rivedere poi con cadenza mensile e poi ogni 15 giorni le "pezze di appoggio" che hanno consentito la messa ai domiciliari.
La circolare - politicamente - crea un clima di pesanti sospetti sulle ragioni per cui sia stata emessa, sul perché non sia stata firmata da chi l'ha ideata, sui via libera non solo del capo del Dap, in quel momento Francesco Basentini, ma dello stesso Guardasigilli. Tant'è che la commissione Antimafia apre una pagina e ascolta subito la funzionaria che ha firmato la circolare quel 21 marzo, Assunta Borzacchiello, la quale parla di una semplice firma di routine; poi Caterina Malagoli, la responsabile dei detenuti al 41 bis e in alta sicurezza che la definisce "pericolosa" e racconta di aver protestato con Romano che non l'aveva preventivamente informata; infine lo stesso Romano. La cui motivazione è semplice: è stata fatta perché c'era il rischio Covid, i magistrati di sorveglianza - come De Rosa a Milano e Lazzaroni a Brescia - spingevano per le scarcerazioni. Romano ha scritto il testo dopo aver sentito l'infettivologo Giulio Starnini, ha avuto il via libera di Basentini, ha inviato il testo al capo della segreteria di Bonafede. E poi, privo di firma digitale poiché aveva preso servizio a fine febbraio ed era stato subito contagiato tornando in servizio il 24 marzo, l'aveva fatta firmare dal funzionario di turno.
Fonte: La Repubblica - di LIANA MILELLA